Uso di sostanze stupefacenti – Terapia Dialettico-Comportamentale

La Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT), inizialmente ideata per il trattamento di comportamenti suicidari, è stata in seguito adattata a disturbi legati all’uso di sostanze stupefacenti, spesso in comorbidità con il disturbo borderline di personalità.

Ciò che accomuna entrambi è una grave incapacità di regolazione emotiva, che impedisce un’efficace modalità di problem solving.

Come altri approcci comportamentali, anche la DBT classifica i comportamenti target in funzione del loro livello di gravità, agendo in primo luogo su quelli che minacciano la vita dell’individuo.

Questa linea operativa è evidente anche nel trattamento della dipendenza da sostanze, focalizzato su:

  • La riduzione dei comportamenti di abuso;
  • La riduzione del disagio fisico associato all’astinenza;
  • La riduzione del craving;
  • L’evitamento di stimoli associati alla sostanza (es. luoghi di consumo);
  • La riduzione dei comportamenti che stimolano condotte di abuso;
  • La ricerca e la costruzione di un ambiente di vita sano e supportato da relazioni positive.

Nell’affrontare ognuno di questi target comportamentali, la DBT ricorre a uno dei suoi principi fondamentali che è quello relativo alla sintesi tra forze antitetiche, prima fra tutte quella tra il cambiamento e l’accettazione.

Al fine di favorire l’astinenza, infatti, il paziente viene, da un lato, incoraggiato a non fare uso di sostanze per una quantità di tempo gradualmente crescente evitando l’esposizione a situazioni stimolo rischiose e, dall’altro, ad analizzare gli antecedenti e le conseguenze che sono associate al comportamento disfunzionale.

Allo stesso modo, essendo invalidante aspettarsi un’immediata e totale astinenza rispetto a qualsiasi tipo di droga, vengono evidenziati dei target anche rispetto alla tipologia di sostanza per cui l’astinenza diventa prioritaria, ovvero:

  • La droga primaria; quella che ha causato i problemi più significativi per il paziente;
  • Altre droghe, che anticipano il consumo di quella primaria.

All’interno di questa valutazione, è fondamentale definire degli obiettivi che siano accessibili, partendo dalla considerazione che il paziente intraprende la terapia in uno stato mentale di dipendenza per poi spostarsi, nel momento in cui riesce a mantenersi astinente per una quantità di tempo sempre maggiore, allo stato di “mente pulita”, in cui è come se prevalesse un onnipotente senso di immunità da possibili ricadute future.

L’opposizione tra questi stati mentali viene integrata, nel corso del trattamento, attraverso lo sviluppo di una “mente lucida”, in cui permane la capacità di restare astinente nonostante quella  consapevolezza dei rischi di ricaduta che favorisce il mantenimento della vigilanza rispetto a stimoli potenzialmente dannosi.

Alla luce di queste considerazioni, appare evidente come i principi base che caratterizzano il trattamento di pazienti con disturbo borderline di personalità vengano ripresi con efficacia anche nel trattamento delle dipendenze, a condizione che alla base di queste ultime sia presente una marcata incapacità di regolazione emotiva.

Serena Dainese

[Dimeff, L. A., & Linehan, M. M. (2008). Dialectical Behavior Therapy for Substance Abusers. Addiction Science and Clinical Practice, 4(2), 39-47].

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